Memoria indentitaria della caccia al cervo sardo
L’Amministrazione comunale ringrazia per il prezioso contributo donato alla memoria identitaria del comune di Sinnai, tutti coloro che hanno partecipato gratuitamente al progetto “Madrinas Cerbus e Bettixeddas”, in particolar modo ringrazia per l’impegno profuso:
– il sig. Grifagno Antonino per la poesia “Su Cassadori antigu” (link alla poesia);
– i sigg. Lai Cosimo, Serra Andrea, Siddi Roberto Fausto, Cualbu Antonio, Moriconi Paola, Federico Giame Nonnis (voce narrante Teatro Civico Sinnai) Gionatha Perra (regia) per la realizzazione del cortometraggio (link al cortometraggio).
Visualizza anche l’Avviso relativo al progetto e la Traccia della storia identitaria del cervo;
Il patrimonio architettonico
I luoghi storici di Sinnai conservano un’importante presenza di edifici di particolare pregio storico e architettonico. Nel centro urbano la tipologia strutturale e architettonica e la caratterizzazione urbanistica più antiche comprendono preziosi esempi riconducibili all’economia agricola campidanese che, fino ai primi decenni dell’Ottocento, trovava essenzialmente nelle ampie corti chiuse e negli stretti vicoli interni gli spazi per le esigenze della vita e del lavoro familiare.
Sia nella cittadina, come anche nel borgo di San Gregorio, sono interessanti le testimonianze nel tessuto urbano delle trasformazioni economiche che si ebbero a partire dalla prima metà dell’Ottocento.
Pur rimanendo invariata la struttura viaria dei quartieri, nel secolo scorso, le nuove costruzioni si sono edificate sul fronte strada mantenendo, in genere, una stretta dipendenza funzionale dalla vecchia struttura campidanese e riflettendo le esigenze delle nuove classi mercantili e borghesi di relazionare più efficacemente con l’esterno gli spazi della propria attività.
A San Gregorio la borghesia cagliaritana stabilì uno dei più ambiti luoghi di vacanza primaverile ed estiva, edificando pregevoli ville integrate architettonicamente e funzionalmente in splendidi parchi, orti e giardini che contendevano gli spazi alla lecceta e alla macchia. La perfetta conservazione del borgo giustifica un accurato intervento di restauro da incentivare e organizzare sulla base di un rigoroso studio particolareggiato.
Nella pianificazione urbanistica generale e in quella particolareggiata del centro storico di Sinnai, alla quale si è lavorato contestualmente per concertare le scelte, si è provveduto a individuare gli ambiti e i singoli edifici che meritano particolare attenzione per i valori architettonici e storici che presentano.
Un cenno meritano alcune costruzioni che si distinguono per il loro particolare pregio. Per la tipologia campidanese: casa Cocco di via Amat, casa Olla di via Funtanalada, casa Casella di via Mara e casa Cocco di via Santa Vittoria; per la tipologia mista meritano una menzione: casa Bartoli, casa Corvetto, casa Craig e Cocco-Corvetto, casa Saddi-Dol (ora delle famiglie Spiga-Pisano), casa Ligas, casa Serra, casa Manca, tutte nell’immediata vicinanza della piazza Chiesa.
Per la tipologia della villa con parco: la villa Marini e le abitazioni Pavani di via Funtanaziu, Asuni-Cocco di via Colletta e Fadda di via Ninasuni.
Chiese e cappelle
Il patrimonio storico, architettonico e artistico più importante lo si ritrova però nelle costruzioni religiose. Le più antiche chiese presenti nel territorio sono quelle di Santa Barbara di Solanas e di Santa Forada in località non lontana da San Gregorio. Entrambe di stile romanico, conservano i muri e l’abside semicircolare. La chiesetta di Santa Barbara mostra i resti di due corpi laterali e di un campaniletto a vela; nelle sue immediate vicinanze si ritrovano tracce di un insediamento che, in epoca più recente, sarebbe stato utilizzato come convento.
Tuttora utilizzate per le funzioni religiose sono le chiesette di San Gregorio, ricostruita nel 1818, e di San Basilio, nelle omonime frazioni. La seconda fu probabilmente edificata come chiesa del villaggio medievale di Villanova di San Basilio, rimasto spopolato tra il quattordicesimo e il quindicesimo secolo, e ha subito interventi di ristrutturazione che però ne hanno conservato l’impianto originario.
Officiate quotidianamente o nella ricorrenza della festività del santo sono le chiese di: Sant’Elena (distrutta nel 1790 e ricostruita nel 1926) nella campagna verso Maracalagonis, su un’area che presenta tracce di insediamenti precristiani; la chiesa dei Santissimi Cosma e Damiano, nella periferia del paese, già in rovina nel 1730, quando le statue dei santi furono trasferite in una nicchia della parrocchia di Santa Barbara, e ricostruita nel 1948 e la chiesa di Santa Vittoria, nominata per la prima volta in un documento del 1141, parrocchiale di Sinnai prima dell’edificazione della chiesa di Santa Barbara e dell’unificazione di Sinnai con il villaggio di Segossini, verso il quattordicesimo secolo.
La chiesa parrocchiale di Santa Barbara sorge su uno dei colli più elevati della cittadina, in una zona che, in origine, risultava equidistante dai due villaggi di Sinnai e di Segossini dalla cui unione nacque il nuovo centro.
La storia plurisecolare è accompagnata da notizie non sempre accertate; la chiesa fu parrocchia di Sinnai fin dal quattordicesimo secolo, ma la prima notizia storica risale solo al 1586, con la citazione negli atti di visita dell’arcivescovo di Cagliari Alonso Lasso Cedeno.
Il primo impianto gotico-aragonese comprendeva la navata centrale e tre cappelle sul lato destro e una sul lato sinistro. L’ampliamento avvenne durante il 1600 con la costruzione del transetto e dell’abside e l’innalzamento, nel 1641, della cupola. Nello stesso momento fu, probabilmente, sostituita la volta in legno con l’attuale a sesto acuto supportata da cinque archi in stile lombardo. Le cappelle sul lato sinistro furono edificate nel diciottesimo secolo. La chiesa si completava con un campanile a torre.
A lato, verso sud, si estendeva il cimitero utilizzato fino alla fine dell’Ottocento.
Il campanile, che esisteva già nel 1586, si dovette ricostruire nel 1796. L’opera crollò nuovamente nel 1862, dopo soltanto 66 anni. Nel 1870, su progetto dell’ingegnere Giuseppe Cappai, con i proventi derivanti dalla vendita degli argenti della chiesa e dal contributo dei parrocchiani, grazie all’interessamento dell’imprenditore francese, residente a Sinnai, Benvenuto Dol, si ricostruiva e inaugurava l’attuale nuovo campanile.
Il patrimonio artistico conservato nella parrocchiale
Il pregevole paliotto marmoreo dell’altare maggiore fu realizzato nel diciottesimo secolo, come pure il pulpito, ricco di marmi policromi, costruito nel 1761 da Domenico Spiazzi.
Altre pregevoli opere in marmo policromo sono il fonte battesimale, che riporta lo stemma del canonico Tarragona, prebendato di Sinnai, e la balaustra dell’altare maggiore. Entrambe le opere risalgono al diciottesimo secolo.
Nell’altare maggiore è esposta la statua in legno intagliato policromato con dorature della patrona Santa Barbara, opera di autore ignoto di scuola spagnola risalente al sedicesimo secolo.
Una seconda statua di Santa Barbara e un San Sisinnio, sempre in legno intagliato e policromato con dorature, opera di Giuseppe Antonio Lonis, risalgono al diciottesimo secolo.
Sono, invece, del diciassettesimo secolo le statue lignee policrome dei Santi Cosma e Damiano di cui non si conosce l’autore.
Restaurato di recente, è tornato all’antico splendore l’altare ligneo del Seicento che occupa la parete di fondo del transetto detto “del Santo Cristo”. L’altare è diviso in tre parti da due colonne tortili, in ogni parte vi è una nicchia: in quella centrale è presente un crocifisso ligneo di sapiente fattura su uno sfondo dipinto da artista ignoto (tela attribuita allo Scaletta); nelle altre nicchie sono presenti statue di legno policromo del 1600-1700 di cui non si conosce l’autore.
L’altare policromato e dorato dell’Assunta, opera di un artigiano locale, risale al diciottesimo secolo.
La sacrestia, dopo il recente restauro dei quadri più antichi, è stata allestita come un piccolo museo d’arte. Sono esposti molteplici dipinti a olio su tela, sei dei quali, del primo Settecento, opera dello Scaletta: incoronazione della Vergine, San Michele Arcangelo, martirio dei Santi Cosma e Damiano, martirio e miracolo di Santa Barbara, natività di Gesù e natività della Vergine.
È invece opera di Francesco Massa il dipinto dei Sette Arcangeli risalente al 1781.
Dipinti più antichi sono stati recuperati parzialmente: un San Sebastiano, frammento raccolto in una cornice ovale, è quanto resta di un composito quadro del 1500 andato distrutto; di recente è stato recuperato, ed è in attesa di restauro, un trittico dipinto su tavola, del Seicento, inspiegabilmente scomparso dalla chiesa molti decenni fa, probabilmente in occasione del restauro della Cappella delle Anime che avrebbe preso il nome proprio dal soggetto rappresentato dal dipinto.
Notevole la qualità artistica del retablo di Santa Vittoria attribuito alla scuola dei Cavaro.
Completano la ricca collezione gli argenti, tra cui una croce astile processionale gotica del 1400, restaurata di recente, prodotta in argento sbalzato da artista di scuola sarda.
Di bottega sarda è ritenuto anche un secchiello in argento sbalzato e cesellato del diciassettesimo secolo. Una pisside (alta) del 1761, in argento, è attribuita all’artista Salvador Mamely; risale allo stesso periodo una seconda pisside (tonda).
Da bottega genovese e prodotti nel 1774 sono un ostensorio in argento sbalzato e cesellato e un calice parrocchiale.
I paramenti sacri, anch’essi in gran parte restaurati di recente, comprendono un prezioso velo omerale di lamina d’oro, lavorato in Francia e donato, con altri, da Benvenuto Dol.
L’archivio della parrocchia offre una preziosa documentazione storica risalente al 1700.
Edifici di interesse storico
Gli edifici pubblici di interesse storico sono rappresentati dall’antico palazzo municipale (che ospitava anche la scuola comunale, la pretura e le carceri mandamentali), edificato nel 1860 su progetto di Giuseppe Cappai, e i locali dell’antica Colletta, precedentemente di proprietà della chiesa e acquistati dal comune nello stesso periodo.
I locali della ex Colletta, per oltre cento anni adibiti a casermaggio dei Cavalleggeri di Sardegna e, successivamente, dei Carabinieri, adeguatamente ristrutturati, ospitano ora la biblioteca comunale, la pinacoteca e la sezione locale del museo archeologico.
Di particolare interesse architettonico risulta il manufatto realizzato nel 1894 per la captazione delle acque del rio Santu Barzolu al fine di alimentare l’acquedotto comunale; oltre alla diga in pietra locale si conservano gli impianti dei filtri ricavati in edifici di mattoni con volta a botte.
La biblioteca, come pure la pinacoteca, deve la sua ricchezza e importanza, in particolare, alle donazioni del canonico di Sinnai monsignor Cesare Perra.
Tra i quadri della collezione Perra esposti nella pinacoteca comunale vi sono opere del Seicento, del Settecento e dell’Ottocento. Per gli autori si citano Pantaleone Calvo, Toyo Kuni, Francesco Massa, Antonio Caboni, Felice Melis Marini, Tarquinio Sini, Eros Kara, Enea Marras, Giorgio Carta, Antonio Corriga, Tony Geik, Italo Agus, Guido Cavallo, Foiso Fois, Tono Zancanaro, Ermanno Leinardi, Ausonio Tanda, Dino Fantini, Carlo Giordano, Gianni Foschini, Duilio Pasquinucci, Rita Thermes, Salvatore Vargiu, Antonio Mattana, Corradino Atzori, Giovanni Dotzo, Alberto Deplano, Gaetano Brundu, Vincenzo Napoli, Enzo Loi, Primo Pantoli.
Prendas e bistimentas
Presso le famiglie di Sinnai si conserva un diffuso patrimonio culturale, artistico e storico-documentale, il cui studio sistematico potrebbe offrire un importante contributo alla ricostruzione dei momenti di vita quotidiana, delle vicende storiche del paese e del contesto territoriale in cui si colloca.
Fanno parte di questo patrimonio gli antichi gioielli di famiglia, orgoglio femminile, gelosamente custoditi e consegnati da una generazione all’altra.
Is prendas conservate a Sinnai non si differenziano da quelle diffuse in tutta la parte meridionale dell’isola e rappresentano un genere rispondente a criteri estetici e funzionali dell’area culturale mediterranea che è andato sviluppandosi, dal periodo rinascimentale e barocco in poi, attraverso l’elaborazione di generazioni di orafi e argentieri organizzati nei gremi dei secoli scorsi.
I pezzi più tradizionali comprendono su buttoni (il bottone), in genere due bottoni uniti con la funzione pratica, oltre che estetica, di congiungere i lembi di indumenti; sa canacca e sa carena rappresentano invece pezzi con funzione preminentemente estetica essendo, il primo, una massiccia collana femminile in oro e, il secondo, un accessorio del costume maschile; una derivazione locale del diffuso modello di pendente dell’area iberica e mediterranea è su lasu, gioiello femminile di foggia a farfalla realizzato a traforo e imperlato che si indossa allacciato al collo con un nastro di velluto.
Il metallo prevalentemente usato è l’oro, lavorato con la tecnica del filo ritorto a filigrana, avvolto a spirale a incastonare una pietra che in genere è il granato. I motivi decorativi tradizionali sono del tipo floreale, a stella, a losanga.
Di non minore valore artistico si presentano gli antichi corredi che comprendono i ricchissimi abiti femminili tagliati in stoffe preziose e ancora indossati, con i gioielli di famiglia, per esibirli come costumi autentici in particolari occasioni, dalle ragazze del luogo.
Degli antichi corredi faceva parte, e ancora si conserva, su strex’e venu, collezione di pezzi classici di contenitori di fieno e giunco intrecciati, decorati con panno scarlatto e broccati preziosi, che la maestria delle donne di Sinnai hanno trasformato in oggetti d’arte esportati in tutto il mondo e ricercati dai collezionisti.
Efficaci azioni di tutela meriterebbero anche le antiche casse sarde, in noce e castagno, che con quadri, specchiere, mesiglias, parestaggius e sedie costituivano l’arredo essenziale ma riccamente decorato delle abitazioni dei secoli passati. Con tali arredi si conservano, presso numerose famiglie, i finimenti delle cavalcature e antichi esemplari di armi da caccia e di strumenti di lavoro che meriterebbero un’adeguata valorizzazione in un museo etnografico.
Di eccezionale interesse scientifico si presentano gli archivi di famiglia, contenenti prevalentemente atti e documentazione notarili risalenti anche al sedicesimo e diciassettesimo secolo, attraverso i quali è possibile supplire alle carenze della documentazione presente negli archivi pubblici, ai fini di una approfondita ricostruzione storica delle vicende locali.